Anche l’ultimo G8 ha posto l’accento sul problema della fame nel nostro Pianeta. Non sappiamo quali saranno gli esiti reali delle decisioni prese, ma una cosa è certa:le coltivazioni organiche possono sfamare il mondo. Lo sostiene un team di ricercatori dell’Università del Michigan, che ha messo a confronto le tecniche agricole tradizionali con quelle biologiche, che escludono l’uso di pesticidi. Sugli approcci convenzionali, che si affidano a colture ad alto rendimento, lavorazioni automatizzate e composti chimici come i biocidi, pendono numerosi capi d’accusa: aumento dell’erosione, emissione di gas serra, resistenza ai pesticidi e perdita di biodiversità. I risultati dello studio, pubblicato sulla rivista Renewable Agriculture and Food Systems, smentiscono invece molti pregiudizi contro l’agricoltura biologica: questa sarebbe in grado di offrire cibo sufficiente per i sei miliardi di abitanti del pianeta, anche senza aumentare l’attuale superficie coltivata. I ricercatori hanno dapprima dimostrato che nei Paesi avanzati il rendimento delle due tecniche è sostanzialmente equivalente. Nei Paesi in via di sviluppo, invece, con l’introduzione dell’agricoltura organi cala produttività potrebbe addirittura triplicare: per i contadini dei Paesi poveri usare fertilizzanti naturali è meno costoso che ricorrere a quelli sintetici. E non è tutto: secondo i ricercatori dell’Università del Michigan, l’agricoltura biologica è in grado di ovviare al problema dell’impoverimento di azotonei terreni coltivati senza ricorrere ai fertilizzanti di sintesi. La soluzione è il cosidetto “concime verde”: seminare leguminose tra una stagione agricola e l’altra per restituire azoto al terreno.
Questa ricerca potrebbe rappresentare uno stimolo ulteriore alla diffusione della bioagricoltura, i cui vantaggi dal punto di vista ambientale sono ormai indiscutibili.
Questa ricerca potrebbe rappresentare uno stimolo ulteriore alla diffusione della bioagricoltura, i cui vantaggi dal punto di vista ambientale sono ormai indiscutibili.
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